CAPRICORNS | LAIR OF THE MINOTAUR | 22/6/2007
Autori di un album di buona caratura quale Ruder Forms Survive, i Capricorns erano attesi da molti alla prova dal vivo. Trattandosi di ottimi musicisti con alle spalle diversi anni di esperienza, hanno saputo riproporre in modo credibile quell’amalgama sonoro atto a creare un equilibrio fra la rilassatezza degli ultimi Earth e la pesantezza dello sludge. Quasi interamente strumentali e, pur con le dovute proporzioni, affini alla psichedelia dei Red Sparowes, puntano in realtà ad un atmosfera più oscura, ma allo stesso tempo riflessiva e soffusa. A dispetto dello scarsissimo tempo a loro disposizione, hanno eseguito delle versioni molto dilatate delle già lunghe “Blood For Papa” e “The First Broken Promise”, arricchendole di parti improvvisate. Nonostante gran parte del pubblico si sia assiepato al di sotto del palco, hanno fornito una prova forse al di sotto delle loro possibilità, meritando però a pieno la posizione di gruppo principale della serata. Paradossalmente più popolari, ma in verità banali e lontani dal suono proposto dalle altre band chiamate a suonare in questa occasione, i Lair Of The Minotaur hanno suonato brani che avrebbero potuto appartenere ad una qualsiasi formazione thrash/black di fine anni Ottanta. Affini ai Warhammer, ma tristemente privi di sostanza, hanno puntato tutto sull’impatto e su un suono cavernoso adatto al genere di musica da loro proposto. Sia i Dead Elephant che i Last Minute To Jaffna si sono invece prodigati in una forma dilatata di post core, i primi privilegiando vocals sporche e partiture violente e scorticanti, i secondi attingendo da una maggiore cifra di influenze. Questi ultimi, a loro agio quando si cimentano in parti riflessive, si sono purtroppo dimostrati meno convincenti durante le frazioni accompagnate da un utilizzo più estremo della voce. Ha invero giocato a loro favore la scelta di limitare gli scambi con il pubblico, permettendo così alla musica di essere la vera protagonista e di fluire in modo continuo. Discorso inverso per i Dead Elephant, a parere di chi scrive forieri di un’immagine troppo aggressiva, e quindi distante dalla tipologia di musica proposta. Dovendo tirare le somme, si è trattato di una serata più che piacevole, conclusasi quando il vostro panettiere di fiducia era già stufo di lavorare. A renderla particolare è stata la presenza di un pubblico molto eterogeneo e numeroso, forse accorso più per usufruire del bar del locale che non per il concerto in sé. Testimonianza della qualità del sottosuolo rock nazionale e non, si spera possa spronare Breed Agency ad organizzare in futuro altri eventi di pari valore.
Samuele Lepore
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