RECENSIONE / LAST MINUTE TO JAFFNA – VOLUME III
Accade spesso che si assuma la coerenza come sommo criterio del giudizio musicale. Per questo, quando a gennaio i Last Minute to Jaffna hanno pubblicato Volume III, sono tutti rimasti a bocca aperta.
Il gruppo torinese ci aveva abituati ai suoni immaginifici delle distorsioni prog-metal e delle cattiverie elettriche post-core. L’EP del 2006 e il debut album Volume I del 2008 viaggiavano sicuri in questa direzione.
Con Volume III, i nostri Gianmaria Asteggiano (basso), Danilo Battocchio (chitarra), Valerio Damiano (voce e chitarra) e Andrea Pellegrino (batteria) sviluppano invece un doom/psycho/metal tutto acustico. Chiariamo subito: il loro non è un cambio di stile. È, piuttosto, una parentesi sperimentale. Volume III nasce infatti in occasione del concerto acustico di Scott Kelly dei Neurosis. I Last Minute to Jaffna, chiamati ad aprirne lo spettacolo, decisero di non poter essere da meno. Così, abbandonate le distorsioni, rivisitarono alcuni loro brani in chiave acustica.
La tracklist di Volume III si compone quindi di tre brani riarrangiati e due inediti,Chapter XIII e Chapter XXV. Cinque pezzi per un totale di 50 minuti di suono intenso e ipnotico.
L’arrangiamento acustico di Chapter V, Chapter VI, e Chapter XI, resta incredibilmente pieno. I suoni, stratificati, si compenetrano armonicamente senza comunque smentire l’approccio doom dei LMTJ, che restano fedeli alla propria vocazione heavy. La quarta traccia, Chapter VI, suona quasi migliorata dal suono limpido delle chitarre acustiche incalzate dalla batteria insistente.
Chapter XIII, primo inedito del disco, introduce un’atmosfera crepuscolare, suadente, calda. Batteria, chitarre e basso si colorano di toni quasi jazz, in questo pezzo che non fa pesare i suoi 10:46 minuti. L’intero brano è attraversato dal suono malinconico del corno di Stefano Casanova, che intreccia le chitarre in una ragnatela di effetti elettronici, opera magistrale dell’altro ospite del disco Fabrizio Modonese Palumbo.
L’altro inedito, Chapter XXV, rimane, invece, in ombra. I suoni sono meno particolari, poco intraprendenti. Chapter XXV è un pezzo che resta sospeso: aspettiamo che da un momento all’altro la batteria si scateni, che dalle chitarre escano tuoni e fulmini. Attesa vana, la nostra. Il pezzo rimane in linea con il resto del disco, non se ne discosta, non cede a voli pindarici. Si garantisce insomma un posto nello slowcore ben definito dalla batteria e dalla chiusa nostalgica di chitarra e voce.
Volume III conferma il debito che i LMTJ hanno nei confronti dei Neurosis. Debito, va detto, in parte mitigato dalle impronte di Mark Lanegan, in parte dai paradossi math dei Tool. Le atmosfere evocate hanno poi tutta la raffinatezza degli Isis.
I Last Minute to Jaffna riescono a rivendicare, a livello nazionale, una propria indiscussa identità. Con Volume III hanno dimostrato non solo di aver coraggio, ma anche di essere molto capaci. Ora aspettiamo il terzo album, Volume II. Last Minute to Jaffna, sappiatelo: vogliamo restare ancora a bocca aperta.
Camilla Domenella
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